giovedì 5 febbraio 2009

Switzerland strikes back


Maku, città del nordovest della provincia dell'Azerbaijan Occidentale in Iran,


"Maku è una frontiera naturale. Al di là non più nuvole, pioggia, montagne, ma un paese soleggiato, aperto, a tratti fertile, dolcemente ondulato. Finiti i caratteri latini adottati dalla lingua turca, appaiono le eleganti volute dell''alfabeto arabo. Le tazzine di denso caffè sostituiscono i grandi bicchieri di tè nero o verde. Non più buoi e carette, da Maku fino in Cina tutta l'Asia centrale risuona di ragli d'asino, spasmodici, straziati, patetici."


Tabriz, capitale della suddetta provincia,


"La xenofobia dello scià era cosi forte da fargli abolire tutte le scritte o cartelloni pubblicitari con caratteri latini o cirillici. Per tal motivo gli abitanti della cosmopolita Tabriz avevano ideato dei manifesti illustrati e senza nessun testo. Una mascella ben disegnata, per esempio, indicava un gabinetto dentistico. Nondimeno lo scià non poteva impedire che in città si parlassero più lingue straniere. Stamattina non ero forse stata svegliata da un sonoro: "Marussia! Banya yest?". Un russo reclamava il suo bagno..."

"La famosa Moschea Blu di Tabriz fu costruita nel XV secolo da Shah Gahan della dinastia turcomanna dei Montoni Neri. (...) Le pareti di quel grandioso monumento incantano e ammaliano con i loro smalti blu intenso su cui luccicano (...) particelle d'oro. Un grande pannello in mattonelle smaltate mi diede quella sensazione particolare di quando si è innamorati e si crede di non aver mai capito, fino ad allora, lo splendore di un cielo a mezzanotte allorché le stelle, non una uguale all'altra, sfavillano con tale luminosità da sembrare venirci incontro. Il suo smalto blu scuro non ha nulla in comune con il blu di Prussia in cui si percepisce il freddo componente verde; è una tinta oltremare, compatta e profonda, con una sfumatura di rosso cupo i cui riflessi baluginano a tratti. E vidi ancora blocchi scolpiti d'alabastro con giochi di luce così vicini a quelli della giada che avrei voluto prolungare la mia visita per imprimere in me tutta la loro dolcezza."

Ella Maillart, La via crudele, 1939

sabato 31 gennaio 2009

Love is in the air

Tabriz,



"Ogni venerdì -la domenica dei musulmani- s'organizzavano sulla piazza principale dei combattimenti di lupi che i contadini venivano a vedere da molto lontano. Il vino bianco scorreva allora a fiotti, senza che alcun mullah vi trovasse da ridire. Il mercato era famoso, non solo per i suoi tappetti che a volte raggiungevano i quindicimila toman -cinquemila franchi d'oro- al metro quadrato, ma anche perché vi si trovavano i migliori falconi cacciatori di tutto il Medio Oriente: degli uccelli di Tartaria, giunti in volo attraverso la regione caspica e che crollavano sfiniti nel nord-est della provincia. Tabriz era all'epoca più ricca e popolosa di oggi, e i suoi commercianti avevan negozi ben avviati nelle fiere di Leipzig e Nigini-Novgorod. Poi la rivoluzione bolscevica e la conseguente chiusura della frontiera russa tuffarono la città in un letargo mortale.



(...) L'occupazione fu draconiana, ma disciplinata. I mendicanti furono strappati alla strada e costretti a lavorare per un tozzo di pane. Evacuando la città, i soviet si lasciarono dietro qualche strada asfaltata, una filanda ultra moderna, un università formicolante di simpatizzanti e le bancarelle ingombre di edizioni economiche di Marx, Lenin o Ehrenburg, tradotti per la circostanza in dialetto turco-azero. Lasciavano anche e soprattutto una "Repubblica Democratica dell'Azerbaijan", repubblica improvvisata, il cui governo, sopraffatto dai compiti, precipitò subitamente nell'anarchia e nella vodka. All'inizio del 1947 le truppe iraniane recuperarono la città senza sparare un colpo."


"C'erano pochi stranieri in città. E' curioso uno straniero: Attraverso il giardino, da sopra i muri dei cortiletti, dall'alto di tetti a terrazza, i nostri vicini armeni ci osservavano. Con discrezione. Durante le nostre assenze, poteva succedere che una scopa misteriosa ripulisse il nostro pavimento o che delle mani invisibili posassero sulla nostra tavola una ciotola di zuppa amara."


"Sull'altopiano dell'Azerbaijan, esso arriva tardi, ma bene. Una bella sera le stelle appaiono vicinissime, in un cielo regale, e gli abitanti del quartiere tiran fuori i loro korsi (scaldapiedi che si infila fino alla vita). Nella notte il termometro precipita a -30°; il giorno dopo, l'inverno è in città. Un vento tagliente scende da nord a raffiche, solleva in turbini la neve e ghiaccia la campagna. I lupi si fanno più arditi e i senza-lavoro dei sobborghi s'organizzano in bande per depredare i contadini. Le barbe e i baffi si coprono di brina, i samovar fumano, le mani restano in fondo alle tasche. Non si hanno in mente che tre parole:tè... carbone... vodka. Sulla porta del nostro cortile, i ragazzini armeni avevan disegnato col gesso una enorme puttana con tanto di stivaletti, e con innumerevoli gonnelle, e un piccolo sole nell'area del basso ventre. Il che certo non manca di poesia, almeno fino a quando si riusciva a riempire la stufa e a pagare il venditore di legna."


Nicolas Bouvier, La polvere del mondo


Bleu persan


Di recente l'Azerbaijan s'è trovato legato diverse crisi politiche internazionali, oltre alla svolta epocale della fine dell'Unione Sovietica. Secondo la male intenzionata teoria del clash of civilizations, il paese sarebbe, in quanto islamico, potenzialmente terroristico, inoltre si trove indirettamente legato al problema delle repubbliche caucasiche indipendentistiche, soprattutto alla Cecenia, attraversata dal principale oleodotto che porta il petrolio dall'Azerbaijan alla Russia.
Sul territorio azero, durevole nodo è quello del movimento indipendentista Lesghi, che mise una bomba nella metroplitana di baku nel 1994. Ma il problema che più intacca gli equilibri della regione caucasica rimane quello del Nagorno-Karabakh, storicamente appartenente all'Azerbaijan, ma da sempre rivendicato dall'Armenia, in virtù della fede cristiana che vi fu professata prima dell'arrivo degli invasori arabi e della conversione di gran parte della popolazione alla fede musulmana. La situazione della suddetta regione non è ancora definita, essendo occupata da truppe armene dal 1991; autoproclamatasi indipendente l'anno successivo, resta pur sempre rivendicata dall'Azerbaijan e non riconosciuta al livello internazionale. Una tra le armi di questa guerra è la storiografia, e questa battaglia raggiunge a volte livelli che ci sembrano surreali, come ad esempio la lite sulla nazionalità e le azioni di colui che per primo fece della regione un khanato libero nel XVIII°secolo, per gli uni nobile azero, per gli altri leader turco, che dovette tutta la sua gloria a principi armeni suoi alleati.

Popolo della Terra,


Come sempre, dopo aver elencato i flagelli storici che la colpirono, ci si sente in dovere di controbilanciare con qualche parole incoraggiante, preferibilmente sulla sua diversità culturale. Al di là del filantropismo della nostra epoca che ci porta a voler considerare come fratelli quei popoli, pur se lontani da noi e dalla storia, l'Azerbaijan possiede realmente un eredità culturale eccezionale: assecondando le influenze o volontà provenienti da direzioni, mondi e continenti diversi, conobbe l'espansione iniziale dello Zoroastrismo, ma vi fu professato anche il Buddismo, prima dell'arrivo trionfale dell'Islam. L'Islam vi conobbe un'ulteriore svolta, essendo l'Azerbaijan il secondo paese per numero di credenti sciiti dopo l'Iran; dall'Iran immigrò qui la comunità di ebrei cosiddetta "della montagna", che alimenta legende apocalittiche, e ultimamente anche fantasie letterarie (cf. il ruolo attribuito loro nelle "Bienveillantes" di J.Littell)



Privilegio del popolo meno bellicoso del quartiere, che si trovò cosi vittima di tali incroci. Con frontiere amministrative che non corrispondono perfettamente a quelle religiose o etniche, il territorio azero fu da sempre popolato da numerose minoranze, prime fra le quali quella armena. Allo stesso modo è considerevole anche la presenza di azeri vivente fuori dei confini, principalmente in Iran (18 millioni), in Armenia e in Russia (1millione). Ma settant'anni di dominazione sovietica portarono come altrove una certa "semplificazione" etnica, oltre ad un importante immigrazione russa. Ora la popolazione dell'Azerbaijan conta circa 5,5% sia di russi che di armeni, 2,4% di Lesghi (minoranza di fede sunnita originaria del Daghestan), 0,6% di avari, e o,5% di ebrei e ucraini.

Caro petrolio,



Gran parte dei suoi primati mondiali l'Azerbaijan se li guadagnò in modo poco gratificante, prima di tutto col petrolio, anzi, con la nafta , che si estraeva da terra già sotto il dominio persiano, (a tal punto che si ipotizza un'origine persiana della parola greca, ma potrebbe derivare dal dio hindu o zoroastriano, Apam Napat, una delle manifestazioni di Agni). Il primo pozzo di petrolio moderno fu costruito a Baku nel 1848 e la prima raffineria nel 1859, e dopo la nazionalizzazione dell'industria petrolifera nel 1872 (Baku era sotto dominio russo), ci fu una crescita economica che favorì l'arrivo in città di imprenditori occidentali, portatori a loro volta capitali e cosmopoliticizzazione, facendo velocemente di Baku un focolaio di agitazione operaia, ove Stalin fece i suoi primi passi come agitatore bolscevico. Non persero tempo i fratelli Nobel, impiantati dal 1873, rimanendo a lungo tra i maggiori investitori, a fianco di altri grandi della finanza mondiale, come la banca Rotschild. All'inizio del XX° secolo al solo Azerbaijan si doveva più della metà della produzione mondiale di petrolio.




Il disincanto arrivò con le conseguenze del 1917 e della prima guerra mondiale, dopo che l'Azerbaijan ebbe assaporato i suoi primi attimi di indipendenza da Mosca, prima sotto la forma di Repubblica Transcaucasica, che non durò più di cinque settimane, poi in quanto prima repubblica musulmana secolare. Nel 1918 massacri etnici seguirono a dissensi sulla conduzione del paese, tra azeri sovietici, armeni e cosacchi filozaristi presenti al governo. La capitale fu presa dalle truppe turche e consegnata ad una forza di pace inglese; tra il 1920 e 1921, il paese venne poi conquistato dall'armata rossa e incorporato all'unione sovietica, con la relativa nazionalizzazione di tutta l'industria petrolifera.



Sotto il comunismo, l'estrazione del petrolio fu massimizzata, senza un adeguato investimento tecnologico e senza eccessivi riguardi per l'ambiente. Il risultato è una catastrofe ecologica, ampliata dalle stesse pratiche (lo smaltimento selvaggio dei rifiuti) attuate anche in altri settori dell'industria sovietica, specialmente quello chimico, molto presente in Azerbaijan. Oggi è uno dei paesi più inquinati al mondo, come attesta il triste stato della penisola Abseron, ormai ridotta ad un sapiente intreccio di tubature che porta a Baku, un lembo di terra che si sporge sul mar Caspio, mare chiuso usato per raccogliere scorrerie provenienti da un paese la cui politica giustificava così la propria esistenza in queste regioni periferiche dell'impero.




venerdì 30 gennaio 2009



"L'Azerbaijan è l'avanposto dell'Asia centrale"

Ryszard Kapuscinski













Faites-moi dans du vin l'ablution dernière,
Sur mon corps, en buvant, récitez la prière.
Venez donc, chers amis, au Jour du Jugement,
Au seuil de la taverne, y chercher ma poussière.
Omar Khayyam


Essendo una sintesi della storia dell'Azerbaijan troppo simile alla lista quasi esaustiva di tutto quello che il mondo vide di invasori (persiani, Alessandro, arabi, turchi, Tamerlano, russi...), riteniamo possibile cogliere in modo diverso una diversità culturale spesso maltrattata. Khayyam, che a fianco dei suoi colleghi azeri fa ufficio di frate gaudente, scrisse e visse essenzialmente in Persia, allora impero Selgiuchide, sotto la cui giurisdizione scrisse contemporaneamente (XI e XII° secolo)anche Nizam Ganjavi, ritenuto uno dei massimi poeti epici persiani, sebbene nacque e morì a Ganja, Nordovest dell'attuale Azerbaijan, e Khaghani Shirvani, anch'egli grande della letteratura persa, poeta di corte le cui ultime produzioni furono sensibilmente anti-feudali, essendo state redatte in prigione, è nato nello Schirwan, oggi Azerbaijan, e morto a Tabriz, capoluogo della provincia iraniana chiamata Azerbaijan orientale.



Primo a fare dell'azeri una lingua letteraria fu, nel corso dell'500, un turco e curdo nato in Iraq, Muhammad bin Suleyman Fuzuli, come Khayyam astronomo e matematico, amante di vino e hashich, ma musulmano forse un più rispettoso di lui. E' ricordato come il poeta dell'amore, e una delle sue opere più popolari è un rifacimento di "Layla e Majnun", versione classica mediorientale dell'amore impossibile, in cui distilla insegnamenti della coeva filosofia del mondo arabo, come attraverso il tema ricorrente del mal d'amore come giusta via per avvicinare dio.


Oh God, let me know the pain of love
Do not for even a moment separate me from it
Do not lessen your aid to the afflicted
But rather, make lovesick me one among them
Fuzuli



Considerato uno dei fondatori della letteratura turca, influenzò considerevolmente diverse generazioni di scrittori azeri.
Dopo quella breve rinascita nazionale che segnò il passaggio tra la dominazione zarista e quella sovietica, la letteratura azera prese due sentieri pressappoco opposti, chi, inneggiando al regime comunista ne ricavò lodi e onori, come Samed Vurgun, chi, forse un po' meno entusiasta, finì sua vita nei gulag, come Yusif Vəzir Çəmənzəminli. Entrambi beneficiarono d'una certa visibilità in occidente, e del poeta Vurgun, Aragon si espresse in questi termini "Samad Vurgun è l'orgoglio della letteratura moderna sovietica e mondiale..."


Beautiful birthland! I was born
Together with freedom's dawn
Which crimson banners did adorn-
Life seemed one endless, joyous feast;
Gay songs and laughter never ceased.
Dear country-gate of the Ancient East.

Samad Vurgun